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Che Viaggio

"Racconto semi-breve di un cerchio che si chiude tra memorie, padelle, fornelli, evoluzioni e involuzioni culinarie, emozioni e consapevolezze"

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Inizia tutto con quel profumo

che caratterizzava ogni domenica mattina poco meno di mezzo secolo fa, io bambino seduto davanti a quella tazza di latte e biscotti da inzuppare... e quel profumo di buono che riempiva la casa già da ore, un profumo caldo, pieno, confortante, quel profumo che ancora ricordo in ogni sfumatura, il profumo del sugo della domenica, il sugo di nonna Rosa che lentamente creava quella magia su quella stufa che a me sembrava già una macchina dei sogni.

I ricordi di me in cucina... li porto dentro da quegli anni, in piedi sulla sedia per arrivare al piano di lavoro o ai fornelli e giocare con i sapori... fare i primi "intrugli" sotto quello sguardo vigile e gli occhi pazienti di nonna... nei suoi occhi anche la consapevolezza che poi sarebbe toccato a lei ripulire.

Sapori, profumi, immagini indelebili,

Nonno Primo, ex operaio, ai tempi cacciatore ed agricoltore... raccoglitore di funghi, di Asparagi e gran suonatore di fisarmonica... compagno di pesca, di racconti di guerra e prigionia, compagno di risate, di bestemmie e di bevute... maestro nel condire e cuocere la sua porchetta su quello spiedo speciale: un palo di legno da girare a mano davanti al fuoco di quel camino aperto... che festa!

Le merende d'estate fatte con i pomodori mangiati a morsi direttamente nell'orto o "strofinati" su una fetta di pane... un pizzico di sale e olio buono... nonna che accudiva i suoi polli, galline, conigli e piccioni... e poi via a raccogliere erbe di campo.

Gli inverni, la raccolta delle olive e l'emozione di provare quell'oro liquido appena spremuto su una bruschetta che a ricordarla ora ha qualcosa di commovente... e il sacco di stoffa con le olive a seccare vicino al caminetto.

Il freddo! Gli Amici e i vicini che vengono a casa... tutti pronti ad aiutare nella macellazione e lavorazione del maiale,

La mia ammirazione e lo sguardo incantato seguendo in ogni mossa le mani sapienti e precise del norcino. Ricordo bene il miei compiti all'epoca... e ne ricordo gli odori pungenti... raschiare via con un coltello i peli dalla cotenna dopo che qualche adulto l'aveva irrorata con acqua bollente... raschia Mirko... raschia... pulisci bene.

Girare la manovella della macchinetta per macinare la carne destinata alle salsicce... ricordo persino gli adulti che parlavano animatamente delle percentuali di sale e pepe da mettere nell'impasto... nonno le voleva sempre più piccanti e caricava di pepe!

Mio anche il compito di andare a cuocere in padella l'impasto della salsiccia appena fatto per assaggiare... quanto ero orgoglioso che toccasse proprio a me cuocerlo.

Quando si insaccava... la manovella non potevo girarla io, il movimento doveva essere sapiente, costante, per non rompere il budello... roba da adulti insomma. Poi, ovviamente a lavoro finito si mangiava tutti insieme...

Padellaccia... vino... carte... bestemmie... risate e fisarmonica.

Sono cresciuto tra fegatelli (fegato di maiale) e foglie d'alloro, ventricina (pancetta) salsicce e mazzafegati, "pizze sotto lu focu", uccelli sullo spiedo, lumache, trippa e pecorino, spezzatini di cinghiale, funghi cotti sulla brace, pasta fatta in casa, pane sciapo e quel sugo della domenica mattina.

Come non portarsi dentro per sempre queste immagini e relative memorie sensoriali? Come non esserne influenzati a vita?

Come non sentire quelle radici così forti da rimanere colori, odori e sapori nella mente.

Un giorno dissi: "diventerò uno Chef"

È così che è successo...

Tanto sudore, tante scottature, tante cicatrici, tante ore e quel callo da coltello sotto l'indice della mano destra che è il marchio di ogni cuoco.

Poi succede che cresci, viaggi, scopri, ti avvicini ad altre culture, esperienze, odori, sapori.

I tanti anni passati a Roma hanno fatto sentire un po' miei anche i grandi classici della cucina romana... la curiosità che da sempre ho dentro mi ha portato a giocare con la cucina molecolare tra polveri e polverine, ingredienti improbabili, bilancini di precisione e giocattoli vari, facendomi sentire più uno studente di chimica che un cuoco...

Anni passati all'estero tra la frustrazione di veder ancora qualcuno mettere il ketchup sulla pasta scotta o i barattoli di ravioli al sugo in vendita nei supermercati.

Anni passati lontano, tanti, con l'entusiasmo e la gioia di imparare.. scoprire... e assaggiare ancora ... e ancora la voglia di crescere.

Poi invecchiato... più maturo preferisco dire io, ti ritrovi a tornare a casa, nella tua terra dopo 30 anni volati in un mozzico e...

SORPRESA!

Ti riscopri quel bambino pervaso dall'odore del sugo di nonna.

Ti ritrovi affamato nella ricerca di ritrovare quei sapori.

Vaghi per i negozi di gastronomia e nei supermercati, sfogli il catalogo di un fornitore, ti innamori del banco di un contadino che "spaccia" la sua "roba" per strada, ti perdi in quel fagottino che i tuoi ti mettono in mano con salsicce, uova del pollaio, l'erba raccolta, qualche tartufo e il formaggio fatto in casa.

Realizzi quanto lontano da te... siano quei piatti gourmet, quegli esperimenti di chimica, quelle decorazioni che spesso erano più importanti della sostanza, quella cucina fatta di grandi numeri o di grande apparenza.

Ti rivedi bambino come allora con una voglia di tornare a quella cucina schietta, onesta emotiva ed emozionale, fatta di memorie, di odori di sapori che restano dentro.

Ti rivedi in quella cucina con Nonna Rosa e a 50 anni dici a te stesso:

"È questo che voglio fare da grande!"

Non più lo CHEF ...

Da grande voglio essere quel vagabondo tornato a casa e che ora cucina per condividere quei ricordi, quei sapori e quelle emozioni.

Che Cerchio la vita... che Viaggio!

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